L'intervista del quindicenne Matteo a nonno Peppe

Matteo: Caro nonno Peppe perché scrivi?
Nonno: Ti rispondo con una poesia:

Scrivo per me
per dirmi antiche cose
per raccontarmi gioie
pene
angosce.
Scrivo
per risentir profumi
dolci melodie
urla disperate
parole di fede.
Scrivo
per piangere i morti
per ricordare
gli amici.
Scrivo
per dire al mondo:
non trasformati
da eden in averno.
Scrivo
per tracciare con l'inchiostro
le ombre dei sogni
che nelle notti placide
accarezzano il mio animo.
Scrivo
per cantare l'amore
la passione
l'eterna illusione.

Matteo: Come scegli i temi che poi diventano libri?
Nonno: Io sono un curioso assetato di sapere e, se unisci questo al piacere che ho di raccontare, è fatta... così nasce un mio libro.
Matteo: Quindi sei uno scrittore?
Nonno: Più che scrittore, sento di essere un affabulatore....
Matteo: E le poesie?
Nonno: Vengono da sole quando meno te lo aspetti; del resto tutta la vita è poesia. Pensa alla carezza di una madre, al sorriso di un bimbo, all'affetto di un amico, alla magia dell'alba e alla malinconia tramonto... e tutti possono scriverla avvalendosi del proprio bagaglio di conoscenze scolastiche e culturali... e poi, c'è qualcosa di magico che ti suggerisce le parole come al musicista le note. Non dimenticare che la poesia è, forse, il più antico sistema di comunicazione culturale con l'homo sapiens.
Matteo: E se uno non sente questi misteriosi impulsi ?
Nonno: In questo caso trattasi di persona povera, anzi, poverissima.
Matteo: Perché ti piace tanto la Storia?
Nonno: Perché attraverso gli accadimenti passati si possono comprendere quelli attuali. Le vicende umane si ripetono sempre, magari con forme differenti, nelle diverse ère ma sono sempre le stesse. L'uomo, dalla sua creazione, è stato un sacerdote del bene e del male; la conoscenza, la cultura, l'istruzione non hanno variato queste caratteristiche, le hanno solo affinate. Solo la fede, l'arte, la musica e la poesia elevano l'uomo dal mare di fango che lo circonda.
Matteo: E il rapporto con il tuo paese natìo?
Nonno: In un mondo insicuro, che si evolve e involve rapidamente, dove i cosiddetti valori si affievoliscono sempre di più in un'orgia di consumismo e quindi di materialismo, Ferentino, nella quale ho vissuto solo un sesto della mia vita, ma da me mitizzata, è stata sempre la mia stella polare, lo scrigno dove ripongo sentimenti e ricordi dolcissimi... insomma la mia Itaca dove un giorno, che spero lontano, vorrei tornare per sempre.
E completo la risposta con un'altra poesia:

Lasciai
le grigie mura.
Partii
senza voltarmi.
Inseguii
i miei sogni.
Il tempo passò
l'argento brillò
sul mio capo.
Tornai
ricolmo
d'esperienza.
Giunsi
dinanzi alle mura.
Sentii
una brezza
accarezzarmi il cuore
che
batteva
batteva
batteva
come le campane
di Santa Maria.

Matteo: Perché hai scelto uno pseudonimo?
Nonno: Io sono stato battezzato con i nomi di un bisnonno materno e un nonno paterno: Eutichio, Mansueto e, per mia fortuna, anche Giuseppe, in ricordo del fratello di mia nonna materna che era un sacerdote importante, parroco di Sant'Antonio Abate, canonico della cattedrale, direttore del seminario vescovile ed erudito latinista, ma era anche fratello di Ambrogio, che emigrò in America agli inizi del secolo scorso e divenne un esponente della Massoneria di New York. La diversità di questi due miei zii, mi ha donato un'etica equilibrata. Ho sentito perciò la necessità di regalarmi un nome "d'arte" emblematico: "Libero", per la mia autoeducazione alla religione della libertà, per convinzione, cultura e fede, e "degli Ernici", per ricordare le antichissime origini degli avi dai quali discendo.
Matteo: Nonno è vero che i libri te li fai da solo?
Nonno: Certamente, io solo l'autore, il tipografo e l'editore di me stesso... anche per questo sono... quel Libero!
Matteo: Nonno Peppe, mi vuoi bene?
Nonno: Tanto... e studia.